Nel 2025 il problema di molte aziende non è “farsi vedere”, ma farsi riconoscere.
Sito fatto bene, campagne attive, presenza sui social… eppure, agli occhi del cliente, sembri uno dei tanti.

Il brand positioning vive lì: nella risposta alla domanda, spesso silenziosa:

“Perché dovrei scegliere proprio te, e non un altro quasi uguale?”

L’intelligenza artificiale può aiutarti in modo enorme su questo punto, ma non nel modo “magico” a cui qualcuno ti vorrebbe far credere. Non è l’AI che decide chi sei: sei tu.
Quello che può fare l’AI è:

  • aiutarti a mettere a fuoco cosa ti rende diverso,
  • tradurre questa differenza in messaggi chiari,
  • verificare se la tua comunicazione oggi è coerente con il posizionamento che dici di voler avere.

In questo articolo vediamo come usare l’AI come alleata per costruire (o ripulire) il tuo brand positioning, soprattutto se sei imprenditore, consulente o PMI.

Cos’è davvero il brand positioning (senza paroloni)

Togliamo subito il layer “marketinghese”.
Il brand positioning, in pratica, risponde a tre domande molto semplici:

  1. Chi vuoi essere nella testa del tuo cliente ideale?
    Non sul tuo organigramma, proprio nella sua testa.
  2. Per quale problema o desiderio vuoi essere “la scelta naturale”?
    Non per tutto, per qualcosa di preciso.
  3. Cosa ti rende chiaramente diverso da alternative simili?
    Non in assoluto, rispetto al mercato reale in cui ti muovi.

Se oggi un tuo cliente non saprebbe completare la frase:

“Loro sono quelli che…”

allora il posizionamento è confuso o troppo generico.

L’AI non inventa il tuo “perché”, ma ti aiuta a:

  • scavare,
  • chiarire,
  • scegliere,
  • e poi ripetere in modo coerente quel perché in tutti i canali.

Perché l’AI è utile proprio sul tema posizionamento

Per lavorare bene sul brand positioning servono tre cose:

  • distanza: riuscire a guardarti “da fuori”;
  • ordine: mettere insieme pezzi sparsi (clienti, concorrenza, messaggi);
  • linguaggio: trovare formule chiare e ripetibili.

Ed è esattamente qui che l’AI è forte:

  • ti fa domande, ti rimanda schemi, ti mostra pattern;
  • ti aiuta a strutturare idee che hai già in testa ma in modo confuso;
  • prova e riprova versioni diverse finché non ne esce una che “suona giusta”.

Tu ci metti identità, storia, visione.
L’AI ci mette ordine, sintesi e velocità.

Passo 1: partire dalla realtà, non dai “claim”

Il posizionamento non si inventa a tavolino, si estrapola dalla realtà:

  • dai clienti con cui lavori meglio,
  • dai progetti che ti riescono meglio,
  • da ciò che il mercato ti riconosce già (anche se tu non l’hai mai formalizzato).

Usare l’AI per leggere quello che già c’è

Un modo molto pratico:

  • raccogli recensioni, mail di ringraziamento, feedback spontanei;
  • copia alcuni scambi significativi con clienti (ovviamente togliendo dati sensibili);
  • prendi descrizioni dei tuoi progetti migliori.

Incolla tutto in ChatGPT e chiedi:

  • “Quali punti di forza emergono più spesso?”
  • “Che tipo di problemi i clienti dicono che risolviamo?”
  • “Con quali aggettivi ci descrivono?”
  • “In cosa sembriamo diversi da altri fornitori, a leggere queste frasi?”

Quello che l’AI farà è trovare pattern: ricorrenze, parole chiave, percezioni.
È una base preziosa su cui costruire: non cosa vuoi dire tu di te stesso, ma cosa gli altri già percepiscono.

Passo 2: definire il tuo posizionamento in una frase chiara

Una volta raccolto il materiale (esperienza, clienti, dati), il lavoro è comprimere tutto in poche parole.
Qui puoi usare l’AI come “palestra”.

Costruire la frase di posizionamento con l’AI

Puoi dare a ChatGPT queste informazioni:

  • chi è il tuo cliente ideale (settore, dimensione, problemi, obiettivi);
  • che cosa fai in concreto (servizi, prodotti, modalità di lavoro);
  • cosa ti rende diverso (tempi, approccio, specializzazione, modello di pricing, ecc.);
  • cosa vuoi che accada nella testa del cliente quando pensa a te.

E chiedere, ad esempio:

“Aiutami a scrivere 5 versioni della nostra frase di posizionamento.
Una frase breve che risponda a:

  • per chi siamo,
  • che problema risolviamo,
  • cosa abbiamo di diverso rispetto alle alternative.
    Tono: concreto, senza slogan vuoti.”

Tu non devi “accontentarti” della prima. Devi usarle per:

  • vedere cosa ti risuona davvero;
  • modificare parole chiave;
  • trovare quelle formule che ti viene naturale ripetere.

L’obiettivo non è una frase da poster, ma una frase che puoi usare ovunque: sito, presentazioni, pitch, LinkedIn, call.

Passo 3: confrontarti con il mercato

Posizionarsi non è parlarsi addosso, è scegliere un posto in relazione a qualcun altro.

Analizzare i concorrenti con l’AI

Qui l’AI è un ottimo “analista paziente”.
Puoi:

  • copiare i testi di 3–5 concorrenti chiave (homepage, pagine servizi, claim, about);
  • incollarli in ChatGPT uno alla volta, e poi tutti insieme, chiedendo:

“Riassumi il posizionamento di ciascuno in poche righe.
Poi confrontali:

  • su cosa puntano (prezzo, velocità, qualità, specializzazione, tecnologia, prossimità, ecc.);
  • che tono usano (istituzionale, tecnico, informale, rassicurante…);
  • quali spazi sembrano poco presidiati nel mercato.”

Da qui emergono due cose:

  1. Dove ti stai confondendo con la massa (se dici esattamente le stesse cose, nello stesso modo).
  2. Dove potresti posizionarti in modo più netto (ad esempio su una nicchia, su un approccio, su un segmento di problemi).

L’AI non decide la tua strategia, ma ti mostra la mappa.
Tu scegli in che punto della mappa vuoi metterti.

Passo 4: tradurre il posizionamento in pilastri e messaggi

Avere una frase è l’inizio. Il brand positioning diventa forte quando viene “spacchettato” in pilastri: 3–4 idee centrali che ti definiscono e che tornano ovunque.

Lavorare sui pilastri del brand con l’AI

Puoi dire a ChatGPT:

“Questa è la nostra frase di posizionamento.
Ti racconto cosa facciamo, per chi e come.
Aiutami a identificare 3–5 pilastri del nostro brand:

  • idee forti che ci definiscono,
  • promesse implicite che facciamo,
  • elementi da cui non vogliamo mai staccarci.”

E poi rifinire:

  • dando esempi;
  • togliendo ciò che ti sembra debole o troppo generico;
  • rafforzando ciò che senti davvero tuo.

Questi pilastri ti serviranno per:

  • scegliere argomenti di contenuto;
  • verificare se una campagna “è in linea o no”;
  • guidare il team (anche chi non è marketing) su come parlare ai clienti.

Passo 5: creare un tono di voce coerente con il posizionamento

La stessa promessa può suonare in modi diversissimi a seconda di come la dici. Il tono di voce è un pezzo enorme del posizionamento percepito.

“Addestrare” l’AI al tuo modo di parlare

Qui l’AI è utilissima come specchio.

  1. Raccogli email, post, pagine o presentazioni che senti più “tuoi”.
  2. Incollale in ChatGPT e chiedi:

“Analizza il mio tono di voce:

  • quanto è formale/informale,
  • quanto è diretto/mediato,
  • quali parole e strutture ricorrono,
  • cosa NON dovrei fare per restare coerente con questo stile.”
  1. Poi aggiungi il tuo posizionamento e chiedi:

“Questo tono di voce è coerente con il posizionamento che ti ho descritto?
Dove andrebbe rafforzato o corretto?”

Da lì puoi costruire linee guida semplici per tutto ciò che comunichi:

  • noi parliamo così;
  • non parliamo cosà;
  • questo è il mix tra professionalità e vicinanza che vogliamo.

E puoi ricordare a ChatGPT, ogni volta che gli chiedi di scrivere qualcosa per te, di mantenere quel tono.

Passo 6: verificare la coerenza tra ciò che dici e ciò che si vede online

Uno degli usi più sottovalutati dell’AI: farti da “revisore del brand”.

Far fare all’AI un mini-audit della tua comunicazione

Puoi prendere:

  • testi del sito (home, servizi, about);
  • descrizione LinkedIn aziendale e personale;
  • bio e descrizioni social;
  • qualche brochure o presentazione commerciale.

Incolli il tutto (magari a blocchi) e chiedi a ChatGPT:

  • “Se leggessi solo questi testi, come descriveresti il nostro posizionamento in una frase?”
  • “Quali messaggi chiave emergono?”
  • “Che impressione generale daresti a un cliente che non ci conosce?”
  • “Cosa c’è di incoerente rispetto al posizionamento che ti ho descritto prima?”

Spesso emergono cose tipo:

  • homepage quella di “consulenti premium”, LinkedIn personale da “freelance tuttofare”, brochure da “fornitore tecnico”;
  • promesse molto forti online, ma case study che parlano di tutt’altro;
  • tono di voce serissimo sul sito, super confidenziale sui social.

L’AI ti aiuta a vedere la stonatura. Poi il lavoro di riallineare tutto è tuo, ma ci arrivi molto più lucidamente.

Passo 7: usare l’AI per restare fedele al posizionamento nel tempo

Il posizionamento non è un esercizio one shot: vive nelle scelte di ogni giorno.

AI come guardiano della coerenza

Ogni volta che crei qualcosa di nuovo – una pagina, una campagna, un’offerta – puoi farla “passare” dall’AI chiedendo:

  • “Questo testo/progetto è coerente con questi pilastri di brand?”
  • “Cosa aggiungeresti o toglieresti per rafforzare la percezione di [es. specializzazione in X, approccio pratico, vicinanza alle PMI, ecc.]?”
  • “Che messaggio implicito stiamo mandando? È quello giusto?”

È un modo per non deragliare piano piano verso:

  • genericità,
  • moda del momento,
  • compromessi che ti fanno somigliare a tutti gli altri.

L’AI, qui, è una specie di consulente interno sempre sveglio che ti ricorda:

“Attenzione, questo pezzo non sembra scritto dall’azienda che vuoi essere.”

Rischi e limiti: cosa NON delegare all’AI nel brand positioning

Ci sono però paletti chiari da tenere.

  • Identità, valori, mercato target: non possono venire da un modello di linguaggio. Vengono da te, dalla storia dell’azienda, dalle scelte che sei disposto a fare (e a non fare).
  • Scelte coraggiose: decidere cosa NON fare, a chi dire di no, quali opportunità rifiutare perché “fuori posizionamento” è sempre responsabilità tua. L’AI può al massimo farti vedere le conseguenze.
  • Autenticità: se usi l’AI per vestirti da qualcosa che non sei (es. tutto super corporate quando in realtà lavori come boutique artigianale), creerai una frattura tra promessa e realtà.
  • Differenziazione reale: l’AI conosce schemi e best practice, tende a portarti verso il “medio”. Sta a te spingere verso ciò che ti rende davvero unico, anche se non è perfettino.

Conclusione: l’AI non decide chi sei, ma ti aiuta a farti capire

Il brand positioning è una scelta di identità e di coraggio:
decidere per chi vuoi essere importante e accettare di non essere per tutti.

L’intelligenza artificiale, in questo, può:

  • aiutarti a leggere meglio ciò che i clienti percepiscono già di te;
  • mettere in ordine idee, promesse, differenze;
  • trovare modi chiari e ripetibili per dire chi sei;
  • controllare che la tua comunicazione quotidiana non tradisca il posizionamento che hai scelto.

Non è l’AI che ti rende unico.
Se usata bene, però, ti aiuta a non sprecare quella unicità in messaggi confusi, generici o incoerenti.

Carrello
  • Il carrello è vuoto.